Intervista a Gholam Najafi Fusaro

Mondi e mondi in una sola persona

Abbiamo fatto qualche domanda a Gholam Najafi Fusaro, mediatore culturale e scrittore di origine afghana. Trovate l’intervista di seguito!

Come è arrivato in Italia?
Sono arrivato clandestinamente seguendo altri immigrati dall’Afghanistan al Pakistan, così anche dal Pakistan all’Iran facendo a piedi moltissimi sentieri. In Iran mi sono fermato per circa 5 anni con la speranza di ritornare in Afghanistan, ma poi capì che il ritorno sarebbe stato di nuovo clandestinamente. Inoltre c’è stato un breve tentativo di alfabetizzazione, ma non potevo perché non avevo alcun documento per iscrivermi in una scuola… Dopo questi motivi e delusione ho cercato di seguire il mio viaggio per trovare una vita migliore ma soprattutto di trovare un posto dove poter studiare essendo affamato per lo studio. Così sono partito per la Turchia facendo altri lunghissimi sentieri e montagne a piedi e in autobus fino a raggiungere Istanbul da dove ho provato, per 3 volte, a raggiungere qualche Isola della amata Grecia e dalla Grecia a Venezia (Porto Marghera) sotto un camion con oltre 3 giorni di viaggio senza mangiare e bevendo raramente le gocce di pioggia. Dalla Grecia non ho nessun ricordo dove ero arrivato e da dove ero partito, essendo completamente analfabeta, mentre qui in Italia ricordo il mio posto di arrivo perché molto spesso passo ai luoghi dove camminavo la prima sera disperatamente.

Come ha imparato l’italiano?
Ho imparato l’italiano con grande fatica, ma con grande sentimento di necessità che solo la lingua mi poteva essere la vera strada. Ho iniziato a studiare la lingua in comunità dove ero stato accolto e dove sono stato per circa 2 anni, non conoscevo utilizzare un dizionario, in comunità avevo preso la licenza media senza aver imparato qualcosa dagli argomenti che trattavamo in classe, ma quel pezzo di carta mi aiutò fino alla specializzazione all’università. L’italiano non si impara solo studiando, nel mio caso ho dovuto abbandonare i miei rapporti con i ragazzi afghani e non avevo altri contatti con cui parlare la mia lingua, come se io avessi messo in pausa la lingua madre, ho iniziato a fare l’amicizia con i miei compagni di scuola di qualsiasi nazionalità, dove con tutti avevo la possibilità di parlare in italiano. Dopo anni, ho dedicato tutto il mio tempo libero per la lettura, letture non a caso, ma consigliate dalla mia prof. di lettere dalle superiori. Infine, credo che io non potrò mai imparare l’italiano correttamente, avendo iniziato dopo una certa età e soprattutto dopo aver fatto un viaggio così lungo il cervello si stanca e non troverà più riposo vivendo mondi e mondi in una sola persona.

Si ricorda quando si è reso conto di poter comunicare autonomamente?
Mi sono reso conto di comunicare autonomamente dopo circa 1 anno dopo essere uscito dalla comunità, cioè dopo 3 anni. Là mi sono reso conto che devo fare un salto mortale perché non ci sono più gli operatori che mi accompagnano in questura, in ospedale ecc. e non potevo permettermi di pagare un traduttore, come dire, finché non ti butti in acqua non impari a nuotare nike foamposite shoe history. Senza potermi comunicare mi sentivo cieco, pian piano ho cercato di rubare dalle bocche della gente le nuove parole, stando con orecchi e occhi apertissimi…

Quando ha deciso di diventare mediatore?
Ho deciso di fare il mediatore dopo aver scritto il mio terzo libro, da lì mi è scattata la voglia di sentire le storie dei nuovi arrivati e volevo sapere se i viaggi clandestini sono cambiati o migliorati. Volevo sentire le motivazioni, perché ormai avevo fatto 4-5 viaggi in Afghanistan. Per me personalmente è stata un’esperienza ricchissima, tengo un diario dove elaboro queste storie e le confronto tra illusione con cui partono e estrema delusione che molto spesso diventa inguaribile soprattutto coloro che hanno ancora dei parenti nel proprio Paese. Volevo provare questa esperienza dopo aver letto i miei archivi, cioè il mio primo permesso di soggiorno dove i mediatori avevano sbagliato, cambiato, mal capito, inventato, sostituito… il mio nome iniziava con Gulam, Golan, Kulam per arrivare quello decisivo Gholam attuale. Io mi sono corretto attraverso i miei errori, ho imparato l’ordine per il mio mestiere, avendo visto il disordine sulla mia storia.

Che cosa significa mediare?
Mediare per me significa mettermi dalla parte che mi capita di avere là davanti the Air Jordan X 10 – With Michael Jordans highly , AcmShops Marketplace – anticipated a me, sentire e risentire quelle storie triste e disperate significa sofferenza, un poliziotto non può capire perché non conosce la fame, la sete, la paura, la solitudine nike dunk high blue satin nei boschi e nel mare, al massimo può capire la mancanza dei parenti che sono rimasti lontani ma non può capire fra quanti anni un ragazzo immigrato clandestinamente avrà la possibilità di rivedere e riabbracciare i propri cari. Ecco, io invece avendo già vissuto per me, mi immedesimo a ognuno deporvillage adidas ultra boost women , Icse2014Shops Marketplace , Liberty London x adidas Gazelle Floral Cream di loro e faccio un lavoro da povero, che non mi interessa quanto guadagno, ma mi interessa moltissimo sentire quelle storie rinnovate e recensite come un vecchio libro. Se io non riesco a capire la loro storia, significa che non ho potuto leggere correttamente la mia storia personale, ritocco alla mia storia come un ago sulla stoffa.

Si ricorda di un episodio particolare avvento durante il suo lavoro?
Ho un ricordo terribile per un ragazzo che ho dovuto accompagnare in Psichiatria dove una squadra di 15 poliziotti non potevano fermarlo, che alla fine io ho potuto calmarlo con parole suppliche e anestetici, peccato che le mie parole erano una pausa momentanea, breve.

Come definirebbe il potere della lingua e delle parole?
Lo definirei saturo: avere le parole sulla punta della lingua significa rinascere in un altro luogo, con le parole si possono conoscere tutte le nuove cose, significa non chiedere la carità agli altri, fare una propria strada, aiutare gli altri, trovare un lavoro più comodo. La conoscenza della lingua mi ha tolto una serie di disagi e soprattutto mi ha dato una grande compagnia, che è il poter leggere emergendo nella storia e portare la propria storia fra gli altri.

 

Gholam Najafi Fusaro ha svolto una lezione di formazione per un corso di mediazione linguistica e culturale all’interno del progetto SOAVE di GRT.

Qui trovare i suoi libri: https://www.lameridiana.it/autori/najafi-gholam

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